Pioggia, grandine e temperature quasi polari: la primavera è di nuovo un miraggio.
L'inverno insiste nel volermi rovinare l'esistenza.
Avrei voluto scrivere un post per l'8 marzo, per la "festa della donna", per ciò che dovrebbe essere e per ciò che è diventata.
Per tutte quelle donne che ho incrociato nel tragitto dal lavoro a casa, intente nel cercare di strafare in questo giorno di festa, come se fosse l'unico di libertà.
Per tutte quelle donne che il resto dell'anno non escono, non frequentano le amiche, non si concedono il lusso di divertirsi.
Per tutte quelle (e quelli) che hanno confuso "la festa della donna" con la "festa della bagassa", lasciando che chi l'ha inventata si rivolti nella tomba perché mai una festa è stata tanto fraintesa ed offesa.
Io sono una di quelle persone che ha avuto la fortuna di crescere in un micro-cosmo-felice in cui il maschilismo non ha mai avuto diritto di cittadinanza.
E' diventando grande, leggendo i giornali, parlando con altre donne, iniziando a lavorare che l'ho conosciuto, il bastardo.
E' diventando grande, leggendo i giornali, parlando con altre donne, iniziando a lavorare che l'ho conosciuto, il bastardo.
Quello che si nasconde dentro le case e non lo immaginavi, quello degli uomini violenti, quello del "ti amo e quindi sei mia", quello del lavoro (per un primario donna ce ne saranno 100 uomini), quello del "se ti fai un figlio ti licenzio".
Ed anche il maschilismo di noi donne contro le donne.
Siamo tanto brave a giustificare i nostri compagni, mariti, fratelli, colleghi e così poco disposte all'indulgenza verso chi è del nostro stesso sesso.
A parole pronte a difendere i nostri diritti, ma poi nella vita troppo spesso rinunciatarie e remissive.
Eppure quando ci mettiamo tutte insieme non ce n'è per nessuno e per fortuna capita anche questo.