Potrebbe sembrare che abbia abbandonato il mio blog, ma in realtà è solo un periodo più incasinato del solito. Lavoro, lavoro e lavoro. Quello di sempre e uno nuovo, a termine, niente di eclatante, solo un modo per guadagnare qualche soldino, giusto perché non bisogna essere choose.
Poi è arrivata la primavera, almeno per qualche giorno ci è parso, con il suo sole caldo e rassicurante, con i suoi pomeriggi che mettono sonno e le domeniche da passare davanti al mare o in un baretto sotto il sole. E quindi al bando divano e pc, e viva la vita fuori di casa, tra caffettini, passeggiate e terrazze assolate.
In questo periodo mi sento di essere in ritardo su tutto: sul fine settimana cagliaritano che prometto e cerco di organizzare da mesi e che rimando puntualmente, su tutte le telefonate che avrei già dovuto fare e le amiche che avrei voluto sentire, sui regali che ho comprato e non ancora consegnato, sulla stesura del progetto del master che non apro da non so quando e su un sacco di altre piccole grandi cose.
Siccome io odio questa sensazione, questo rimandare, questo non sapere quando si avranno le energie, quando il tempo, quando la libertà, ho deciso di trovare un momento almeno per il mio piccolo blog.
Potrei raccontarvi del concerto di ieri di Vinicio Capossela, delle belle canzoni del passato, di una colonna sonora condivisa, di una forte ed irresistibile nostalgia.
Potrei dirvi che era l'anteprima di Abbabula e che "farò cose e vedrò gente" per un po'.
Ma non lo farò.
Anche oggi vi propinerò una ricetta.
Una ricetta che dedico alla mia amica Raffi che qualche giorno fa ne ha fatto espressa richiesta e che, insieme con la "cricca" delle meravigliose donne con cui ho lavorato (e non solo), mi manca da morire.
Perché quando in un ufficio passi il maggior numero delle ore della tua vita, quando entri che il giorno è appena iniziato ed esci che fa già buio, quando tra le sue pareti ci fai colazione, pranzo e merenda, beh i tuoi colleghi sono persone importanti.
Alcuni ti staranno sulle palle, profondamente, potranno rovinarti le giornate con la loro scarsa igiene personale, con il loro modo maleducato di usare il bagno in comune, di urlare al telefono nella tua stessa stanza o di parlare di cacca a tavola durante il pranzo, altri ti staranno indifferenti, a tratti simpatici anche, ma saprai farne a meno, ti abituerai presto alla loro mancanza.
E poi ci sono i compagni di viaggio, quelli veri, quelli con cui condividi la vita dentro l'ufficio, ma a cui racconti anche tutto il resto, quelli con cui ti sfoghi quando il capo ti fa venire i nervi (e si tagliuzza i calli delle mani sulla tua scrivania) o quando qualcosa fuori da lì non va, quelli con cui muori dalle risate, leggi l'oroscopo, pianifichi la protesta contro le vessazioni ricevute e condividi le balle pur di non iscriverti in palestra. Quelli con cui sparli dei superiori, con cui spettegoli dei colleghi stronzi, con cui "analizzi" il nuovo collega arrivato...(i maschi nel nostro ufficio erano assai rari, non so se si è capito).
Insomma quell'ufficio che ti piaccia o meno è un po' una seconda casa e se hai la fortuna di trovarci dentro anche gente che ti va a genio, colleghe e colleghi che poi diventano tuoi amici, beh a quelle persone ti potrai affidare e con loro condividere le 1000 cose della vita.
Ed io ho avuto questa fortuna, quasi sempre devo dire, ma solo a Cagliari ho passato 3 lunghi anni fra le stesse 4 mura e se non fosse stato per le mie super-colleghe-amiche (+1, maschio, povero lui) non credo che avrei resistito così a lungo.