mercoledì 2 marzo 2016
Di diritti, unioni e fiori d'arancio
Mi sono sposata una mattina di maggio, il mese delle spose lo chiamano, ma in realtà era la prima data disponibile per il locale in cui abbiamo organizzato il pranzo e la festa.
Mi sono sposata per tante ragioni che non vi dirò (perché sono fatti miei, anzi nostri).
Ma mi sono sposata anche perché desideravo che quello che per noi era già un fatto privato diventasse "pubblico", ossia riconosciuto dalle istituzioni.
Che il mio compagno fosse accettato come tale anche dalla legge e quindi da chi non ci conosce, da un medico di ospedale, da un impiegato del comune o da chiunque in un modo o nell'altro potesse esercitare un potere sulle nostre vite.
Il matrimonio ci ha dato più amore? Naturalmente no.
Ce ne ha tolto? Neanche.
Perché l'amore, i sentimenti non hanno a che fare con le leggi, la burocrazia, le eredità, i permessi, la 104, i contratti di affitto e con tutta un'altra miriade di fatti più o meno spiacevoli della vita.
Eppure un matrimonio permette che queste cose, con le quali prima o poi tutti facciamo i conti, siano un fatto di "coppia" non solo fra le mura domestiche, ma anche davanti alla legge e a chi la rappresenta.
Per molti sposarsi è aderire ad una convenzione obsoleta o voler costringere l'amore in una gabbia inutile, per altri è un impegno che non si vogliono prendere, per altri ancora è proprio concettualmente qualcosa di sbagliato che non condividono.
Credo che ognuno abbia il diritto di gestire la propria relazione, il proprio progetto di vita, il proprio amore come meglio crede.
Ed è per questo che ho sempre pensato che anche le coppie omosessuali avrebbero dovuto avere il diritto di sposarsi, non di unirsi civilmente, ma di unirsi in matrimonio, perché anche le parole hanno un senso e la discriminazione inizia proprio da qui.
Ma è anche per questo che nonostante si tratti di "unioni" e non di "matrimoni", nonostante la becera contrattazione politica a cui abbiamo assistito, nonostante lo stralcio sulla stepchild adoption, nonostante quell'offensiva abolizione del "dovere alla fedeltà" (che va beh considerato come vanno i matrimoni mi scappa solo da ridere), penso che l'approvazione della legge sulle unioni civili sia comunque una bella notizia.
Perché questo paese non poteva aspettare ancora.
Perché la lotta per la conquista dei diritti è fatta di tappe e questa è solo la prima.
Perché è una legge imperfetta, ma ora c'è.
Perché l'essere uniti civilmente vorrà pur dire qualcosa anche per un tribunale che si trova a decidere a chi affidare dei bambini.
Oggi forse non ce ne rendiamo abbastanza conto, ma quando verremo invitati ai matrimoni dei nostri amici/amiche gay, perché poi di questo si tratterà, e ci toccherà pure fare il regalo, beh comprenderemo la portata epocale di questa legge.
Scherzi a parte, presto le unioni civili saranno una realtà, anche fuori dal senato, e cambieranno la vita di tante coppie.
Perché alle volte la sostanza da sola non basta e si ha il desiderio di aderire anche alla forma.
Ed oggi quella forma è un diritto, che piaccia o no al family day, alla chiesa, agli omofobi e a tutti coloro che "non ce l'ho con i gay, l'importante che si bacino a casa loro e non in mezzo alla strada" (per la cronaca omofobi anche loro).
Perché la legge riconoscerà che due persone omosessuali possono essere una famiglia, avere un progetto di vita insieme, essere una coppia noiosa e stabile proprio come gli eterosessuali.
Niente orge, promiscuità, festini arcobaleno, niente droga, sesso e rock'n'roll (o Raffaella Carrà giusto per citare uno dei tanti stereotipi), no, ci spiace o non più di quanto non facciano già gli eterosessuali.
Tante banali serate a litigare per la televisione, invece, o per chi deve buttare la spazzatura, o perché "siamo sempre chiusi in casa" e "tutti i sabati a pranzo da tua madre non mi va".
Sia chiaro, non sono certo le unioni civili a conferire stabilità a coppie che sono già solide per conto loro.
Ma le riconosce e le legittima pubblicamente.
Anche davanti agli occhi di tutta quella gente che pensa che l'omosessualità sia una malattia, una devianza, uno sfizio.
Cambierà idea? Forse no, ma dovrà rassegnarsi all'evidenza della legge.
E allora diamo il via alle danze.
Ai matrimoni a pranzo ad Agosto, ai ricevimenti lunghi 3 giorni, alle foto di gruppo, al karaoke e ai più improbabili abiti da cerimonia.
Ma anche alle mamme e ai babbi commossi, agli amici che ti fan festa fino a notte fonda, alle birrette fresche (tante), alle nonne ballerine, alle torte belle e buone e a tanta contagiosa allegria.
Ne godranno wedding planner, aziende di catering, fiorai, parrucchieri e tutto il folle mondo che gira attorno alle nozze.
Alla faccia della crisi e di tutti i maledetti cinici che ad ogni invito matrimoniale sbuffano, criticano e si lamentano (salvo poi andar via per ultimi, dopo un numero non ben precisato di mojito e una 10 ore di balli scatenati).
Quanto al mio di matrimonio, beh, la festa non è mancata, che una volta che decidi, lo fai in grande, che la vita sa essere tanto dura e triste che le cose belle van festeggiate.
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