giovedì 13 novembre 2014

Asilo e svezzamento: storia di una pupa che cresce


Ho iniziato a scrivere questo post che la Piccola I. aveva appena compiuto sei mesi: tra meno di 10 giorni ne fa sette e con questo vi ho detto tutto.
Insomma è ufficiale: non sto più dietro al mio blog. 
Quando ho un attimo di pace, lo dedico ad altro.
A dormire per esempio.
O ad edificanti attività come mettermi lo smalto, guardare improbabili programmi su abiti da sposa o insultare il giornale "Chi" su facebook.
Mi capita anche di uscire e frequentare gli amici e questa è cosa buona e giusta.
Ho perfino dedicato del tempo a cucinare, soprattutto dolci, ma evito accuratamente di pubblicarne le ricette. Non sia mai che questo spazio possa ancora sembrare qualcosa di vivo ed attivo.
Eppure vi giuro che se potessi dettarlo alla mia segretaria immaginaria scriverei un post al giorno.
Ma non demordo, ci credo ancora che prima o poi riuscirò ad essere un po' più regolare e costante.
Comunque veniamo a noi: sei mesi, quasi sette. 
E un sacco di piccoli grandi progressi, di novità ed esperienze.
La Piccola I. va al nido, ormai da quasi un mese. Entra serena e ne esce allegra. Si fa coccolare dalle maestre e non manifesta alcun segno di disagio. Le sballa un po' i ritmi, quindi di mattina dorme molto meno, ma il pomeriggio si spara dei riposini degni di sua mamma.
Io, se si esclude la fitta al cuore ogni volta che la vedo con quel faccino tenerello sparire oltre la porta della sua sezione (si anche se sono minuscoli hanno le sezioni), sono entusiasta. 
Non prendetemi per una madre degenere, non lo sono, lo giuro, ma l'asilo mi mette il buon umore. 
Mi sembra che sia il posto migliore in cui possa stare un bambino: a contatto con i suoi coetanei, in uno spazio ludico, con persone competenti che si occupano di lui.
Senza niente togliere a noi mamme, ai babbi e ai mitici nonni, ma qualche ora all'asilo, anche così piccolini, mi sembra una bella cosa. 
E poi mi tranquillizza sapere che c'è qualcuno "esterno", più distaccato, ma con grande esperienza, che ha a che fare con mia figlia ed è in grado di aiutarmi, darmi consigli o avvisarmi se qualcosa non va.
Non ho mai creduto, e ora ci credo ancora meno, che "solo noi mamme sappiamo cosa è giusto per i nostri figli". E' vero, noi li amiamo da morire, li conosciamo forse più degli altri, ma facciamo i nostri errori, per inesperienza, per "troppo" amore e per mille altri motivi che non sto qua ad elencare.
Insomma viva il nido e viva le maestre.
Per la Piccola I. il sesto mese ha significato anche l'inizio dello svezzamento: prime pappe, semolini, passati di verdura e brodini vari.
Lo so che qualche mamma ora sta pensando:"ma l'autosvezzamento? Non basta il nido, la obblighi pure a mangiare le pappe! Non aspetti che sia lei a scegliere cosa vuole mangiare? Sei una madre degenere, non ti lamentare se poi tua figlia sarà meno toga e meno intelligente e meno felice della mia.!"
Ecco no. Care mamme, a me di tutte le varie teorie di gran moda al momento quella dell'auto-svezzamento mi pare la più folle.
Per tutti coloro che (per loro fortuna) ignorano cosa sia "l'auto-svezzamento" apro una breve parentesi: un pediatra ha deciso che la cosa ottimale perché i bambini vengano rispettati e sviluppino un buon rapporto con il cibo sia sederli a tavola con noi e aspettare che siano loro a scegliere quando e cosa mangiare. Io da brava mamma diligente ho anche letto il libro "io mi svezzo da solo" e benché sia molto carino, ho avuto la conferma che per me, seppur con qualche indicazione interessante, si tratti di un percorso inutilmente lungo e faticoso.
Per capirci: mia figlia non ha denti quindi difficilmente potrà mangiare il mio petto di pollo, non sa inghiottire e farla iniziare con un fusillo mi pare per lo meno pericoloso, è abituata al sapore dolce del latte e della frutta e il salato all'inizio le ha fatto schifo. 
Considerato che non intendo allattare vita natural durante (e per la cronaca neanche oltre i 9/10 mesi) e che conosco circa un miliardo di persone mie coetanee che, oltre all'immonda pratica dell'allattamento artificiale, hanno anche subito lo svezzamento precoce ai tre mesi e che nonostante questo sono persone felici, equilibrate e con un ottimo rapporto con il cibo, non vedo perché non iniziare ad inserire nella vita di mia figlia qualche cosa che non sia latte e che non venga prodotto dal mio corpo.
Questo non significa che non sieda la Piccola I. con noi a tavola, che non le faccia assaggiare le cose dal mio piatto e che non abbia assecondato i suoi tempi e le sue necessità.
Anche perché lei ci si è messa d'impegno per far vacillare le  mie salde convinzioni e la prima volta che le ho fatto assaggiare il mitico brodo con passato di verdure ha pensato bene di farsi venire i conati dallo schifo. 
E' importante che sappiate tutti che a quel punto, davanti ai conati intendo, non l'ho obbligata a mangiare tutto. No. Ho buttato la pappa alla mondezza e le ho dato il mio latte.
Ripeto: non sono una mamma degenere.
Ma ho anche riprovato i giorni successivi e con me le maestre dell'asilo, poco a poco e senza forzarla e ora la Piccola I. si fa fuori un piatto di pappa senza colpo ferire, felice e contenta.
E a me, proprio come l'asilo, anche questa sembra una bella cosa.
Insomma la Piccola I. compie i suoi primi passi nel mondo e non mi sembra vero che solo sei mesi fa fosse così piccola da avere paura di romperla.
Nel mentre io, noi, cerchiamo ogni giorno l'equilibrio tra questa esperienza straordinaria che è essere genitori e tutte le altre cose importanti della vita.
E mi sembra che tutto sommato ci stiamo riuscendo.
Certo, siamo anche noi nel tunnel delle foto e delle ore a parlare di lei e delle sue straordinarie performance, delle vocine da scemi e dell'ossessione del dormire ogni volta che è possibile.
Ma continuiamo a stare nel mondo, a frequentare con gioia amici senza figli, a bere aperitivi e progettare viaggi.
Insomma mi sembra che la maternità/paternità non ci abbia cambiati, anzi. 
E' come se avesse buttato giù alcune delle infrastrutture razionali che ci siamo costruiti nel tempo e ci abbia messo di fronte alle persone che siamo sempre stati, senza pelle, senza armature, senza "correzioni sociali".
Noi, nudi e crudi.
La sfida ora è fare i conti con questo zoccolo duro che è il nostro "io", ricostituire quelle infrastrutture che la forza di questo evento straordinario (e per straordinario intendo che non capita tutti i giorni) ha abbattuto, concepirci non più solo come figli, ma anche nel difficilissimo ruolo di genitori.
La strada è lunga e purtroppo a un certo punto si imbatterà nell'adolescenza.
Ma per fortuna è troppo presto per pensarci.



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