Un post ogni due mesi è davvero poco, anche per un blog disordinato, discontinuo e di poche pretese come il mio. Pensavo che avrei preso il ritmo e giuro che mai come ora avrei bisogno di scrivere un post al giorno, di condividere ogni piccolo passo di questa nuova avventura e di rassicurarvi circa la sopravvivenza del mio amore per la cucina e per il "faccio cose vedo gente".
Sto meditando anche l'apertura di un altro blog a "tema mamma" così da non ammorbare tutti coloro che di pappe, svezzamenti e asili nido se ne sbattono e fanno bene. Di fatto realizzerei il mio sogno originario che non si era potuto concretizzare per l'evidente assenza di figli. In quanto appassionata di avventure di neo-mamme, anche prima di diventarlo, ho sempre desiderato aprire un blog sulla maternità dove parlare per ore dei propri figli senza correre il rischio di annoiare e quindi perdere tutti gli amici.
Considerato però che scrivo un post ogni due mesi, non è dato sapere quanto potrò impiegare nell'apertura di un nuovo spazio virtuale, quindi per ora continuo con il mio ormai classico "di-tutto-un-po'" che tanto fa inorridire gli specialisti del settore.
Oggi oltre alle gioie e meno gioie della maternità vi vorrei raccontare della mia ultima esperienza a
Su Carduleu, regno dello chef Roberto Serra.
Se vi sembra di aver già letto qualcosa del genere, state sereni non siete pazzi, è che ve ne ho già parlato ormai più di anno fa.
Perché dunque ripetermi? C'è tutta questa urgenza dopo due mesi di silenzio?
In effetti si, per tante ragioni, prima fra tutte che Roberta Serra ha letto il mio primo post, mi ha riconosciuto e ne abbiamo quindi ampiamente chiacchierato nel dopo pasto di una breve cenetta invernale che ci concedemmo di ritorno da Cagliari.
"Lei ha per caso un blog? Ho letto il suo post sul nostro ristorante...lei è quella delle pareti spugnate".
"Sgamata" ho pensato e poi "Mmmmh lo chef non l'ha presa bene e ora come ne esco?"
In effetti ho capito che la critica circa l'aspetto del ristorante è ricorrente e che se ti sbatti tanto per portare una cucina di qualità in un piccolo paese al centro della Sardegna, la critica sul colore delle pareti ti rompe parecchio le palle e ti fa pure un po' male.
Ho anche capito le sue ragioni e la sua scelta di spendere più soldi e investire più risorse nell'allestimento della cucina (che poi è la cosa più importante che di posti belli in cui si mangia male ne conosciamo parecchi).
Io nonostante la brutta figura ho continuato a dichiararmi nemica dello spugnato, ma devo dire che l'ultima volta che sono stata a
Su Carduleu (che è esattamente quella che vi sto per raccontare) ho trovato il ristorante più accogliente ed esteticamente piacevole (benché non ci siano stati cambiamenti radicali).
E' che a
Su Carduleu si mangia talmente bene che di tutto il resto ti frega poco.
Anche perché il servizio è attento e gentile e Chef Serra molto presente e disponibile.
L'occasione della nostra trasferta ad Abbasanta era doppiamente speciale: era il mio compleanno ed era anche il primo pranzetto fuori senza la nostra pargola.