venerdì 14 dicembre 2012

Plumcake allo yogurt senza glutine



Come già sapete sto facendo dieci giorni di astensione dal glutine, una prova per capire se la situazione migliora (per ora mi pare invariata) vista la mia predisposizione genetica alla celiachia.
Considerato che la mia alimentazione è già abbastanza triste, mi sono concessa il vizio di fare colazione con una bella fetta di plumcake gluten-free.
Non è stato complicato realizzarlo, ho usato la mia ricetta di sempre e ho solo sostituito la farina con una specifica senza glutine.
Il risultato è stato ottimo, vi dirò che forse è pure più buono di quello originale.
In giro nella rete ci sono tantissime ricette di plumcake, più o meno morbidi, più o meno simili a quello di una nota marca di dolci.
Quindi la prima di cui mi sono fidata, consigliatami dalla mia sorellina, è questa.
Io ovviamente ho apportato le mie modifiche, riducendo la quantità di olio (da 100 gr a 70 gr), togliendo un tuorlo e nella ricetta senza glutine eliminando la fecola di patate.
L'ho provato sia con lo yogurt all'albicocca che con quello alla banana e devo dire che non saprei scegliere con quale venga meglio!
Provatelo perché è facile da fare ed è veramente buono.
In quello che vedete nella foto (che in realtà è con il glutine, ma vi assicuro che viene identico!) ho messo la granella di zucchero, potete anche spolverarlo con lo zucchero a velo o lasciarlo al naturale.

venerdì 7 dicembre 2012

Colon irritabile: istruzioni per l'uso


Giusto per confermare la totale incoerenza di cui gode il mio blog, oggi non scriverò un post di cucina, non mi prenderò il mio spazio per sbraitare contro il paese in cui viviamo, non vi annuncerò un evento, né tanto meno recensirò un ristorante.
Oggi questo post lo scriverò per me, per questo assurdo periodo che mi sta capitando di vivere, così diverso da quello "di sempre", così condizionato e così condizionabile.
Voi lettori del blog siete ampiamente informati sulle mie problematiche colon-intestinali e, se solo sei mesi fa mi avessero chiesto come mi sarei comportata se d'improvviso il mio apparato digerente fosse impazzito, avrei risposto che per pudore e riservatezza avrei preferito non parlarne con nessuno.
Ed invece ormai ne parlo con chiunque, rendendomi probabilmente noiosa e a tratti quasi "spiacevole",  perché, per capirci, ho sempre odiato le persone che parlano di questo bisogno fisiologico, della sua regolarità, dei problemi in viaggio etc etc.
Ma devo dire che questi mesi di astinenza dal cibo (quello buono intendo), di privazioni davanti a tavole imbandite e meravigliosi bicchieri di birra, di dolori persistenti e fughe verso casa, stanno mettendo a dura prova anche il mio proverbiale ottimismo, la mia naturale propensione al sorriso ed evidentemente anche il mio spiccato senso del pudore.
Proprio per questo oggi vorrei riuscire a raccontarvi questa avventura, perché, tra le altre cose, ho scoperto che il mio è un problema comune e diffuso e che quindi in tanti potrebbero riconoscersi nel racconto che sto per farvi.

domenica 2 dicembre 2012

La ricetta del Dolce Roma


E' il periodo dei dolci, questo.
Forse perché non potendo mangiare niente, o quasi, ho meno voglia e ragione di mettermi ai fornelli.
Non che i dolci non mi facciano male, ma ci sono quelli light ed è anche più facile che si preparino per gli altri, che si regalino, che si portino a cena dagli amici.
E poi riempiono la casa di un profumo che fa bene allo spirito, a prescindere che li si possa mangiare oppure no.
A proposito del mio colon, considerato che ormai chiunque sa dei miei problemi e che io come i vecchi tendo a comunicare a tutti il mio bollettino medico, beh sappiate che ho ritirato le analisi, che apparentemente sono sana come un pesce, che sto di nuovo male e che martedì vedrò il medico nella speranza che mi dia una bella terapia potente!
Comunque è ufficiale che non sono celiaca, il che è una buona notizia, anche se avrei già avuto una diagnosi ed una cura, oltre che mi sarei trasformata in una food blogger all'insegna del glutin-free e finalmente questo mio spazio così confusionario ed incoerente avrebbe trovato la sua missione!
Il dolce di oggi è uno dei miei preferiti, è semplice, ma molto raffinato.
E' il "dolce Roma", forse alcuni di voi lo conosceranno, visto che è uno dei dolci proposti dal mitico Artusi, anche se questa è una personalizzazione della ricetta originale.
Le modifiche non sono tante, ma sono bastate per renderlo davvero irresistibile.
Mele cotte nella vernaccia (vino dolce), crema pasticciera, un fondo di morbido pan di spagna, una meringa croccante in cima,...come si fa a non innamorarsi di questa meraviglia?
Le foto non rendono giustizia alla bontà del dolce, è che non faccio in tempo a farlo che è già finito.
E poi si sa, mi dimentico, ho gli ospiti seduti a tavola che aspettano e scatto due foto volanti giusto per dire che le ho.
Comunque veniamo a noi e al mitico DOLCE ROMA

mercoledì 21 novembre 2012

Muffin allo yogurt senza burro


Prima della ricetta un appello: diventate amici di faccio cose vedo gente! Prima non si poteva fare perché non avevo aggiunto "l'accessorio" giusto, ma ora si e quell'unico iscritto (io) fa proprio tristezza! Grazie!

In questo lungo periodo di privazioni eno-gastronomiche la mia voglia di mangiare cose buone si è quintuplicata e per fortuna anche la mia volontà nel resisterle. È che quando sai che poi stai male trovi la forza di dire di no a tutto quello a cui non eri riuscita a rinunciare durante le tue "presunte" (per non dire patetiche) diete del lunedì.
Insomma tra le tante voglie che mi rovinano la giornata (cioccolato, gorgonzola, pizza e birra su tutto) c'è anche un generico desiderio di qualcosa di dolce.
Mai come in questo periodo mi sono messa alla ricerca della ricetta perfetta, del dolce senza burro, senza grasso, senza cioccolato, senza crema, ma buono il giusto per poter soddisfare i miei desideri.
Ho fatto anche diversi tentativi, mettendo insieme ricette, consigli ed intuizioni e quello di oggi è uno degli esperimenti usciti meglio.
Sono dei muffin, almeno nell'aspetto, sono fatti con lo yogurt e con l'olio di semi, sono morbidi e gustosi, contrariamente a quanto mi aspettassi vista la ricetta light.
Fidatevi perché lo so che nei blog è pieno di gente che si entusiasma per straordinari dolci privi di tutto che poi li fai a casa e ti fanno ancora più tristezza per quanto sono schifosi.
Fidatevi perché questi muffin hanno diritto di cittadinanza e credo che li farei anche se il mio colon funzionasse per bene.

lunedì 19 novembre 2012

I papassini e le ricette di famiglia


La mia è una famiglia "cittadina", di quelle in cui si è sempre parlato solo l'italiano, distante da molti dei riti tradizionali tipici della regione a cui appartengo.
Forse non è solo la mia famiglia, forse è proprio un segno che caratterizza Sassari, quella borghese per lo meno, che si è sempre voluta sentire "città" ed ha allontanato da sé tutto ciò che avesse a che fare con il "paese".
Non lo so, però so che a casa mia quando si parla di cibo ci si ricorda chi siamo e chi siamo stati e che certe tradizioni ritornano ogni anno, inesorabili come le stagioni.
Una di queste è la preparazione dei papassini, "i dolci dei morti", che sarebbero buoni tutto l'anno, ma che noi facciamo una sola volta in 12 mesi, ai primi di novembre.
Proprio come "li frijoli" e la favata a carnevale e "le formaggelle" a pasqua.
Ci siamo date appuntamento di prima mattina, io, mia madre e una delle mie sorelle, pronte per impastare, tagliare e infornare i nostri biscotti.
La preparazione in realtà era già iniziata qualche giorno prima con le mandorle e le noci che vanno sgusciate e tagliate a pezzi, un lavoraccio (affidato a mia mamma) per noi che di papassini ne produciamo una dose enorme; perché la cosa bella di questi biscotti è che si regalano, è di buon auspicio, e quindi se non si mettono a correre 2 kg di farina si rischia non bastino per tutti!
Questa è davvero una ricetta di famiglia, nata prima di me, di mia mamma, di mia nonna, una ricetta dei ricordi, di quando, in piedi sulla sedia mettevo "i diavoletti" colorati di zucchero sulla copertura bianca ancora bagnata.
Credo che in Sardegna esistano tante ricette di papassini quante sono le famiglie, quindi considerate questa solo come "la nostra".
Ma provatela, anche voi che li comprate buoni al supermercato o in pasticceria, provatela perché, sarà pure che sono di parte, ma io raramente ne mangio di più buoni.
La dose è massiccia, roba da famiglia numerosa, e vi consiglio di provare prima con la metà!


mercoledì 14 novembre 2012

Sciopero Europeo

Fonte: Corriere.it

Mi accingevo a pubblicare un "post con ricetta", ma come si fa a fare finta di niente?
Oggi l'Europa, quella mediterranea, quella povera, quella in crisi, è in mobilitazione generale.
Oggi, come sempre accade, la protesta si è trasformata in scontro, manganellate, lacrimogeni, bombe carta, cassonetti incendiati e conta dei feriti.
Io non ci sono mai stata dentro a un corteo come quello di oggi a Roma, a Milano o a Madrid, ma immagino sempre che ci sia chi cerca di mantenere l'ordine e la calma, chi vuole rispettare regole e confini, chi si fa prendere dal delirio della massa, chi ha pianificato il disordine, chi è stato infiltrato per generarlo.
Non ci sono mai stata, ma so che questo tipo di scontri è utile solo ai potenti, per distogliere l'attenzione, per definirci tutti "facinorosi", per fomentare l'indignazione di chi vede distrutti palazzi e città, per fare in modo insomma che nessuno si interroghi per davvero su ciò che sta succedendo, sulle ragioni della protesta, sulle responsabilità della crisi, sul futuro che questo mondo sembra non poter più avere.

martedì 30 ottobre 2012

La foto del lunedì


Se questo blog esiste, se mi ci sono affezionata, se ho trovato la voglia di condividerlo con voi, è anche grazie ad un amico.
Un amico che ha aperto il suo di blog, che ci ha buttato dentro, molto più di quanto non faccia io, se stesso, la sua città, le sue passioni e tutte quelle cose della vita per cui vale la pena stare al mondo.
Uno che tanti anni fa era solo un conoscente, un amico neanche troppo socievole di un mio fidanzato, ma che nel tempo ho imparato a conoscere e a cui oggi voglio un gran bene...
E meno male, visto che tanti anni dopo, tante serate dopo, tante birre dopo, me lo sono trovato vicino, a testimoniare per quel famoso fidanzato, l'avvenuto svolgersi di un momento speciale.
Ecco, tutto 'sto parlare per dirvi che ha lanciato un contest, un appuntamento fisso del lunedì  un modo per interagire con i suoi lettori, ma soprattutto per parlare della sua grande passione: la fotografia.
Foto vostre, della vostra famiglia, foto che vi ha fatto un amico, foto che vi ricordano qualcosa, foto che trovate semplicemente belle. Insomma, la foto che vorreste veder pubblicare, "la vostra foto del lunedì".
Qua trovate il suo blog e le info per partecipare.
L'immagine che apre questo mio post è di un suo quadro: il giorno che deciderà di vendere le sue creazioni diventerà ricco, per ora, per nostra fortuna, le regala solo agli amici!

lunedì 22 ottobre 2012

Gentile Ministro Fornero


Gentile Ministro Fornero,
Lei non ci crederà, ma io l'ho appoggiata più di qualunque altro mio coetaneo esista in questo paese. L'ho sostenuta perché penso che il mercato del lavoro in Italia sia talmente inesistente che qualunque tentativo di dargli una smossa possa comunque rappresentare una chance. L'ho sostenuta perché mi sono stancata di vedere i sindacati battersi per il mantenimento delle tutele già esistenti e far finta di non sapere che c'è un esercito di giovani (e ormai purtroppo meno giovani) che quelle tutele non le ha mai potute raggiungere, pur lavorando con professionalità, impegno e dedizione.
E anche perché nella mia vita di lavoratrice ne ho incontrati tanti che quel posto, per il quale noi squadrone dei precari ci batteremmo come disperati, non lo meritavano affatto.

martedì 16 ottobre 2012

Biscotto arrotolato, il dolce dell'infanzia



Sono provata, non lo nego. Dai miei problemi colon/intestinali che mi costringono a una dieta che più triste non si può, dal fine settimana passato a lezione (sto seguendo un master), dalla montagna di camicie che si è materializzata sulla mia asse da stiro.
E anche dalle temperature che mi andrebbero anche bene così basse e autunnali, se non fosse che non ho ancora fatto il cambio di stagione e ogni mattina  mi trovo a scegliere tra gonne gitane, pinocchietti, vestiti corti, canottiere e sgargianti camicette senza maniche. A parte che sembro una pazza vestita così,  non posso neanche più sfidare le intemperie con la sola arma della stratificazione di magliette. Voi mi direte: fai il cambio di stagione. Giusto. Ma chi ha voglia di passare una mattina a ripiegare magliette (si, dovrebbero essere già ripiegate, lo so, ma siamo in un momento di transizione e nei ripiani del mio armadio ci sono cumuli non ben identificati di roba da vestire), togliere e mettere gli abiti nelle buste, riappenderli nelle grucce, cercare disperatamente un posto in cui conservare quelli estivi, decidere cosa tenere e cosa buttare (alla fine non butto mai niente), far stare tutto nei pochi ripiani di cui dispongo?
Chi ne ha voglia? Io per niente.
E quindi per un po' continuo ad andare in giro con uno stile decisamente discutibile!
Oggi vi racconto un dolce tanto semplice, quanto "confortevole". Un dolce che sa di casa, che mi ricorda le merende dell'infanzia e le feste dell'adolescenza. Uno dei miei primi tentativi con lo zucchero e la farina.
Un grande classico, insomma: monsignor biscotto arrotolato!
Questa è davvero una ricetta di mamma, di nonna, delle sorelle di nonna, della loro madre e di chissà chi altro ancora.
Che poi non è altro che la ricetta del pan di spagna. Quella che uso sempre e che non mi ha mai tradito.
Il biscotto arrotolato può essere farcito con la crema e la frutta fresca (le fragole su tutto) con all'esterno una guarnizione di panna, con una crema di cioccolato, con la panna, perfino con la nutella.

Ma la versione che vi propongo oggi è la più semplice di tutte: biscotto arrotolato con marmellata di albicocche e zucchero a velo.
Faccio un'ultima premessa, questo dolce a casa nostra si fa senza bilancia, è la negazione del principio base della pasticceria, ne sono consapevole, è un imperdonabile prova del mio dilettantismo, ma è così.
Fidatevi però, funziona.

venerdì 5 ottobre 2012

Brownies, gli originali!

Brownies


Quest'anno l'arrivo del mese di ottobre mi ha messo allegria.
Adesso sì che è arrivato il tempo, adesso sì che ho voglia che sia autunno, che faccia fresco, che ogni tanto venga giù un bel temporale, che i colori cambino e con loro i cibi da mettere in tavola.
Ho voglia del the caldo del pomeriggio, delle tisane della buona notte, delle vellutate bollenti e di tutti quei cibi invernali e calorici che mal si conciliano con l'estate nell'isola di Sardegna.
C'è da dire, per chi ancora non lo sapesse, che il mio colon/intestino continua a non stare bene, che sono in attesa di sapere se sono intollerante al lattosio e che quindi quei bei risotti pieni di burro, quelle tagliatelle con i funghi e la salsiccia, quelle fantastiche torte di sfoglia gorgonzola-pere-noci e tutte le altre prelibatezze per gente normale, rimarranno comunque un sogno. Almeno per un po'. 
Perché se non è il lattosio, è qualcos'altro, e a prescindere dalle intolleranze il colon irritato non ama la famiglia dei latticini, le spezie, i cavoli, la carne di maiale e, ahimè, un sacco di altre cose.
Insomma è stata un'estate all'insegna della dieta forzata e temo che l'autunno non sarà da meno.
Ma ho deciso di cogliere la sfida, di trovare delle alternative, di ingegnarmi per riuscire a mangiare con gusto anche rinunciando alle cose che mi piacciono di più al mondo.
Ora lo so cosa state pensando: "se i brownies sono il suo modo di stare a dieta, te credo che non è ancora guarita!"
Ma non è così cari, questa lunga astinenza da qualunque cosa buona esista sulla terra mi ha resa una persona diversa, ha messo un freno alla mia gola, mi ha fatto tirare fuori la volontà di resistere.
Ed ecco quindi che cucino per gli altri e io sto a guardare, mi consolo con i meravigliosi profumi che vengono fuori dal mio forno e con le facce soddisfatte degli stomaci di ferro che mi circondano.
Ma veniamo ai brownies, i primi della mia vita, preparati in occasione di una cenetta tra amici.
Una cena con tema l'America! 
Lo so che per chi ama il cibo questa può sembrare un'eresia, ma il nostro desiderio (mio e del mio consorte) di cimentarci in questa impresa è nato grazie a un libro. Si chiama Buon appetito, America!, ed è stato scritto da Laurel Evans, un'americana che vive in Italia e che nel libro racconta i pochi, ma tradizionalissimi piatti della cucina del suo paese.
Non ero convinta, ma devo dire che è stato un successo.
Non la definirei una cucina "light" e non la mangerei tutti i giorni, ma la zuppa di vongole del New England, la Cesar Salad e il polpettone ricoperto di bacon (questo il nostro menù) sono stati un bel diversivo.
(Tranquilli, io ho mangiato giusto l'insalata e un filetto cotto a parte per me...che vita triste che sto facendo)

Di ricette dei brownies ce ne sono parecchie in giro, si assomigliano un po' tutte, ma questa voglio credere che sia l'originale, visto che a proporla è un'americana doc. Se non conoscete la storia della nascita di questo dolce simbolo della cucina statunitense, vi consiglio di leggere qui.

venerdì 21 settembre 2012

A cena a Les Creations de Narisawa

Les Creations de Narisawa

Questo post era già nelle "bozze" da parecchio tempo, ma non ero così sicura di saper raccontare per bene la nostra esperienza gastronomica nel ristorante dello chef giapponese Narisawa. E siccome è stata incredibile, un vero e proprio viaggio nel gusto e nell'arte dell'alta cucina, non volevo rovinare tutto con un racconto non all'altezza.
E sinceramente non volevo neanche che passasse come la cena nel ristorante super caro e blasonato di chi non vuol badare a spese...benché io per mangiare sia pronta a spendere molto di più che per un cappotto, un taglio di capelli (e infatti non li taglio da più di anno..) o uno smart-phone.
La verità è che la cena da Narisawa è il regalo che ci siamo fatti per il nostro matrimonio e devo dire che non ce ne siamo affatto pentiti.
Da poco ho rivisto le foto (di pessima qualità visto che la mia macchina fotografica ci ha abbandonati sul più bello) e mi è venuta una gran voglia di dedicare un post alla bella serata che abbiamo passato.

domenica 16 settembre 2012

Pasta fredda speck, pecorino, pere e pistacchi...dal menù per i Candelieri

Pasta pecorino speck pere e pistacchi


Questa ricetta risale a un numero di Sale e Pepe dell'agosto 2011, l'avrò vista decine di volte e per un anno l'ho ignorata. Fino a un mese fa, quando, in occasione di un pranzo organizzato per i Candelieri, ho deciso finalmente di provarla. E meno male, perché è buonissima.
Sassari è una città più indifferente e lamentosa che partecipativa, eppure c'è un giorno dell'anno in cui all'improvviso si riconosce ed esce dal suo torpore. È il 14 di agosto, data della discesa dei Candelieri e dello scioglimento del voto alla Madonna.
Festa antica, festa di popolo.
Migliaia di persone si riversano nelle strade del centro storico e non esistono transenne, tribune, posti a sedere, si sta tutti vicini in una folla che non conosce distinzioni sociali. 
Ed è questo il bello: i Candelieri sono la festa di tutti.
C'è chi si lamenta che la solennità della manifestazione abbia lasciato il posto alle urla sguaiate, ai giovani ubriachi e al mero divertimento, io credo che l'alcol ci sia sempre stato, prima chiuso nei circoli del centro storico, oggi più plateale per la strada.
Insomma ci sarà pure qualche eccesso e forse lo spirito originario sarà andato perso, ma le feste sono della gente e cambiano con la gente e a me tutta questa partecipazione, questo riconoscersi come cittadini di un unica città, questa voglia di festeggiare corale, beh a me piace.
Ed è anche per questo che il 14 agosto già da parecchi anni ci organizziamo per pranzare tra amici.
Quest'anno avevamo voglia di farlo a casa nostra e abbiamo preparato un pranzetto all'insegna dell'estate e del mangiare in piedi.
E questa pasta estiva, fatta con il formato per bambini della Barilla, ha riscosso un successo inaspettato.
Ma veniamo alla ricetta!

martedì 11 settembre 2012

Habemus gelato alla nocciola!


Sarebbe meglio dire "habemus gelato" perché da quando la gelatiera è entrata nella mia vita, sono stati più gli esperimenti mal riusciti, di quelli andati a buon fine.
Le tante ricette in rete non mi hanno certo aiutato: chi metteva troppo latte, chi troppo zucchero, chi uova in quantità.
Il problema non era  il sapore, quanto la consistenza, che tendeva ad essere sempre troppo liquida e poco cremosa. Pare che con la gomma di guar si risolva, ma siccome ancora non l'ho comprata, ho optato per aumentare la quantità di panna e ridurre quella del latte.
Insomma il fior di latte è venuto buonissimo e allora oggi mi sono lanciata nel mio gusto preferito: la nocciola.
E posso dire che finalmente sono riuscita nel mio intento!
Cremoso e gustoso.
Mi scuso per la foto imperdonabile, ma è fatta con l'ipad in tutta fretta. Rimedierò la prossima volta con una bella coppa!
Ecco quindi la ricetta.

GELATO ALLA NOCCIOLA

75 gr di nocciole (più sono di qualità , più il gelato verrà bene)
90 gr di zucchero semolato
200 ml di panna da montare
160 ml di latte intero fresco
1 uovo

PROCEDIMENTO
Tritate le nocciole (sgusciate e private della pelle) insieme con lo zucchero e procedete finché non viene fuori quasi una crema.
Mettetele quindi in un frullatore e fatele frullare prima con l'uovo, poi con la panna e il latte, finché non ottenete un composto omogeneo.
A questo punto versate tutto nella gelatiera e lasciatelo andare per 20 minuti circa.


martedì 4 settembre 2012

Ancora estate con l'insalata di farro, pomodorini, feta e rucola


L'aria autunnale di questi giorni sta mettendo a dura prova il mio tentativo di rimanere in modalità "estate".
Insomma è in atto un vero e proprio boicottaggio, ma io non cederò, rimarrò ancorata alla bella stagione, a costo di comprare un giornale di gossip e scoprire di che sesso è quella povera creatura messa al mondo da tale Raffaella e (pare) Balotelli, a costo di ammalarmi ma con i sandali ai piedi, a costo perfino di continuare a spalmare per ore l'inassorbibile crema anti-cellulite (ammesso che nel resto dell'estate io lo abbia fatto).
Insomma sono pronta a sottopormi a qualsiasi rituale estivo pur di non sentirmi già in autunno.
Ed eccomi quindi a sfoderare l'arma invincibile della cucina e, anche se oggi gradiremmo più una zuppa calda che un bel piatto di insalata, io persisto con le mie ricette all'insegna del caldo.
Il farro l'ho scoperto a Firenze, complici i tanti aperitivi al Sant'Ambrogio, bar situato proprio dietro casa, in una piazzetta magnifica, di quelle che sono rimaste autentiche, in cui ancora la gente va a comprare il giornale, a fare la spesa, a prendere un caffè. Di quelle che il turista medio fa fatica a raggiunge. Uno di quei posti in cui ho iniziato davvero a comprendere la bellezza di Firenze e il perché di questa città, nonostante tutto, ci si possa innamorare. Nonostante in molti si siano svenduti al turismo di massa, nonostante le pizze che sanno di plastica e la pasta riscaldata al microonde, nonostante alle volte la sua bellezza sembri quasi "finta" e ci si chieda dove sono finiti i veri fiorentini.
Ed io nonostante tutto ho finito per innamorarmene e ci sono posti, momenti e naturalmente persone a cui penso sempre con profonda nostalgia.
Non meno forte è la stretta al cuore che provo se ripenso alle innumerevoli mangiate fatte in terra toscana.
Insomma il farro non è altro che una delle tante scoperte gastronomiche, ma più di altre è diventato parte integrante della mia alimentazione quotidiana. 
Diciamo che mi capita di cucinarlo più spesso del paté di fegatini...
Ecco quindi la ricetta.

FARRO CON FETA, POMODORINI E RUCOLA
Ricetta per 4 persone

300 gr di farro (parboiled)
250/300 gr di pomodorini
1 confezione di feta (la classica mattonella che credo pesi 100/150gr)
Rucola (quando non ho rucola metto la menta, come nella foto!)
Olio extravergine di oliva
Aceto di mele
Sale e pepe

Come avrete notato, le info che vi ho dato fino ad ora sono un po' vaghe, ma la verità è che questa ricetta la faccio ad occhio, quando il farro mi sembra ben condito, mi fermo. Come bene sapete il peccato della lingua è il primo che si paga e a me è arrivato il conto per tutte le volte che mi sono lamentata dei "quanto basta" nelle ricette di famiglia.
Per cucinare il farro esistono due modi: lo mettete nell'acqua bollente salata, come se fosse pasta e lo scolate una volta cotto oppure lo mettete in una pentola con un filo d'olio e il sale, mettete l'acqua, il tanto di coprire il farro, e aspettate che se la assorba tutta.
Ultimamente io propendo per la seconda, perchè il farro risulta meno "papposo". Anche se uso il farro parboiled, ci mette sempre un po' di più di quello che c'è scritto sulla scatola, quindi assaggiatelo prima di toglierlo dal fuoco!
Mentre il farro cuoce, taglio i pomodorini, la feta e la rucola e li metto in un recipiente con olio, aceto, sale e pepe.
Quando il farro è pronto, prima di unirlo altri ingredienti, lo condisco con un filo d'olio (perché non si attacchi) e lo faccio raffreddare.
Poi metto tutto insieme e l'insalata di farro è pronta! 

venerdì 31 agosto 2012

Vento d'estate...l'anguria, la feta, la menta


Il maestrale, tanto atteso ed invocato, ha spazzato via il caldo ed anche le ferie.
Tutti non hanno fatto altro che lamentarsi del caldo, ne abbiamo subito parecchio è vero, ma non vi nascondo che per me l'estate perfetta è fatta così.
Mi piace il caldo che ci rende tutti un po' più lenti, che ti porta al mare e lo rende piatto, cristallino, trasparente, che brucia la pelle e ti regala il piacere di un bagno refrigerante.
Il caldo che anche se sei stanco trovi la forza per uscire perché a casa non si respira.
Il caldo e l'estate, con gli amici lontani che ritornano, le serate a raccontarsi gli ultimi mesi di vita, le cene all'aria aperta, le arrostite di pesce, il vino bianco ghiacciato e la voglia di vedere qualcuno suonare.
Abbiamo sofferto, è vero, specialmente noi, abitanti di mansarde, ma se questo è il prezzo da pagare, io ci sto.
Ora non resta che abituarsi all'idea che l'estate sta finendo per lasciar spazio a settembre e alla sua malinconia...quando ancora non è autunno, ma la pelle si schiarisce e non è sempre il tempo per il mare, quando si abbandonano i saldali e si recuperano tutti i pensieri lasciati in pausa, interrotti per riuscire a godersi le ferie, annegati nelle birrette scolate in spiaggia al tramonto.
Tempo di bilanci e nuovi propositi, per me è questo il vero inizio dell'anno, e chi mi conosce lo sa.
Ma non voglio correre, c'è tempo per pensare al futuro e a tutte le sue incognite, voglio dedicarmi ancora per qualche giorno alla leggerezza dell'estate.
Per questo concludo con un aperitivo che amo molto, fresco e saporito. Lo propongo spesso e, devo dire, che riscuote sempre molto successo.


ANGURIA, FETA E MENTA
Più semplice di così non si può!
Prima facevo degli spiedini, ma la feta tende a sbriciolarsi e si perde molto tempo.
Ora li sovrappongo con alla base un bel pezzo di anguria che sia facile da prendere con le mani.
Non tralasciate la menta però, perché per la riuscita di questo aperitivo è fondamentale!

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mercoledì 8 agosto 2012

Tentativi in cucina: torta alla panna e cacao con farina auto-lievitante



Sul tema esistono  mille opinioni differenti e contrarie, ci sono gli appassionati del bar, quelli che meglio dormono un quarto d'ora di più, quelli che necessitano almeno di un'ora e altri ancora che non le dedicano più di 5 minuti.
Insomma ognuno ha il suo modo di iniziare la giornata e fare colazione.
Per quanto mi riguarda è un rito irrinunciabile, l'unico modo possibile per affrontare il risveglio.
Non venitemi quindi a parlare della colazione al bar, un bel momento solo se si tratta di un "bis", perché per me la colazione è un rito da consumare rigorosamente in pigiama e ciabatte, radio accesa e occhi fissi sulla tazza di latte.
Per anni, che ci fossero 3 gradi o 40, per me è stato lo stesso: latte caldo con orzo solubile e una vagonata di biscotti mulino bianco. Lo so, non è una colazione da gourmet, ma ne ho assaggiati tanti di biscotti, da quelli bio ai più ricercati, eppure la bontà di macine e pan di stelle resta ineguagliata.
Unico giorno a far da eccezione la domenica, quando mio padre ci faceva trovare sul tavolo un dolce risveglio fatto di paste ancora calde (su tutte la "frittella con il buco"...così la chiamiamo a casa nostra).
E' da qualche tempo, invece, che mi piace variare, un po' perché non riesco più a bere il latte caldo in piena estate, un po' perché ho scoperto che ci sono tante cose buone che possono farmi felice di prima mattina.
A casa non mancano mai latte, yogurt, marmellate, biscotti, cereali, fette biscottate e, ultimamente, delle soffici e golose torte.
Ed è proprio di una di queste che vi voglio parlare, una torta alla panna e cacao, buonissima così semplice e perfetta per essere farcita con la marmellata e con la panna (se decidete di mangiarla per merenda o dopo cena...).
Avevo della farina auto-lievitante da consumare e mi sono messa a cercare in rete qualche ricetta convincente. Sono finita qua e da qui ho "rubato" questa semplicissima ricetta.


200ml di panna fresca
250gr di zucchero
3 uova
30 ml di latte
250gr di farina autolievitante + 30gr di cacao amaro, setacciati assieme
2 cucchiai di liquore (io ho usato il classico liquore per dolci)
1 bustina di vanillina

Per prima cosa bisogna montare le uova con lo zucchero, io lo faccio, come per il pan di spagna, con il robot. Le ho fatte montare per una decina di minuti, poi ho aggiunto la panna ed il latte, poi, poco per volta, la farina e il cacao setacciati insieme.
Quando il composto è omogeneo, si aggiunge il liquore (sul blog "una mangiata di stelle" da cui ho preso la ricetta, consigliano liquore all'anice, io non l'avevo e quindi ho messo il classico liquore per dolci).
Poi la mettete in una teglia, io ho usato la mia preferita che ha un diametro di 23 cm. Se la volete un po' più alta potete anche usarne uno da 21cm.
Poi in forno a 170° per 45 minuti!



mercoledì 1 agosto 2012

Brutta gente i moralisti e i ben pensanti...


In questi giorni fa tanto parlare un post di Beppe Grillo contro la movida milanese, in sostegno ai provvedimenti restrittivi del sindaco cinquestelle di Parma.
Premetto che non amo Grillo e che se non fosse per il "passa-parola" dei social network non avrei mai letto il suo post, né mi sarebbe interessata la sua ennesima opinione populista.
Ma non intendo parlare di lui e della sconcertante superficialità con cui affronta un tema tanto delicato, quanto complesso, come quello che vede in contrapposizione il diritto sacrosanto della gente di dormire e quello altrettanto sacrosanto dei giovani (e non solo) di uscire, incontrarsi e divertirsi.
Non credo di avere una soluzione e ora che mi capita spesso di non essere in giro alle 4 di mattina del fine settimana, so cosa possa voler dire svegliarsi di soprassalto per colpa di un gruppo di ragazzi che urlano e cantano come se fosse mezzogiorno.
Pensare però che risolvere il problema equivalga a trattarlo con piglio da benpensanti-moralisti, mortificando la vita notturna, chiudendo i locali in cui ci si incontra, si suona e si ascolta musica, si balla, ci si sfoga, ci si innamora, si impara a vivere nel mondo, beh è l'errore più grande.
Perché c'è un età in cui si ha un'energia, una voglia tale di stare in mezzo alla gente, di divertirsi e anche di sbagliare ed esagerare che non c'è divieto notturno che la possa fermare. Perché se i ragazzi non si trovano nei locali in centro città, finiranno in qualche discoteca sperduta di periferia, o peggio, buttati per strada a farsi di coca e pasticche, o ancora, chiusi in casa, lobotomizzati davanti ai social network e alla TV.
Il proibizionismo è la deriva più pericolosa, anche perché se uno vuole sbronzarsi dopo le 21, copra l'alcol prima e lo beve poi, o ripiega su altre sostanze già illegali.
Perché i locali notturni non sono mica tutti coperture per il riciclaggio di soldi sporchi, né luoghi di spaccio e perdizione, né palcoscenici di terza classe per aspiranti veline. E' pieno di locali "puliti", frutto del lavoro (duro) di chi li gestisce, posti in cui si fa, che ci si creda o no, "cultura", in cui movimenti giovanili, scene musicali ed artistiche nascono e si consolidano.
Ma è pieno anche di locali che non sono centri culturali, ma che rappresentano comunque un luogo di incontro e di scambio, di socializzazione e di divertimento.
Si, di divertimento e non ci vedo niente di male in questo.
E lo dico perché sono una "quasi" giovane che quanto a vita notturna vanto una lunga carriera ricca di successi.
Sono uscita tanto in vita mia, ho fatto le 6, le 7, le 8 di mattina, ho fatto colazione con le paste calde, ma anche con panini imbottiti di wurstel, patatine fritte e ketchup, ho sicuramente svegliato qualcuno con le mie chiacchiere disinvolte, ho girato per la città come se fosse pieno giorno, ho cambiato una marea di locali in una sola notte, ho sentito tanti gruppi suonare, ma ho anche ballato in discoteche della musica orribile, ho bevuto birrette e chissà qualche volta fatto la pipì per strada, nascosta fra due macchine (ma questo potrebbe succedermi anche di giorno, visto che in Italia non esistono i bagni pubblici ed io sono una pisciona).
Ci sono anni in cui, chi più chi meno, ci si sente padroni del mondo, anni in cui la scoperta della vita, degli errori, del vivere sociale passa per la frequentazione di una dimensione abitata da soli coetanei.
Una dimensione piena di chiasso, di incontri, di musica, di rischi, di eccessi, di stronzate, di amici, di amori, di emozioni e di esperienze nella quale non necessariamente tutti si drogano, si devastano, diventano teppisti.
Una dimensione che trova nella notte, quando il "mondo degli adulti" dorme, il momento migliore per esprimersi.
Una dimensione nella quale hai l'illusione di essere te stesso, libero dalle pressioni che la vita, la famiglia, la società ti fanno, senza che tu sia abbastanza maturo e consapevole per riconoscerle e gestirle.
E non ho paura a dire che sono stati anni bellissimi e che non li rimpiango proprio perché so di averli vissuti tutti, fino in fondo. E ancora oggi, che lavoro, responsabilità e preoccupazioni varie hanno condizionato la mia spensieratezza, che di serate sulle spalle ne ho tante e mi annoio più facilmente, ci sono notti in cui mi piace tirare a far tardi, ballare e divertirmi.
E la mattina mi sveglio felice.

Si può trovare una soluzione, ma senza moralismi.
E senza pensare che la strada sia quella di chiuderci in casa.
Perché sarebbe la mazzata finale per queste generazioni già sufficientemente sfigate e dal futuro incerto (e non per colpa loro).

martedì 17 luglio 2012

Cous Cous con pesto di pomodori secchi e... SI, AI MATRIMONI GAY...



Siccome non bastava il Berlusca, ci si è messo anche il PD con il suo rifiuto di esprimersi in maniera chiara sui matrimoni gay.
La verità è che il PD non è più un partito progressista, non è più un partito di sinistra. 
Sarebbe bene che lo ammettesse prima di tutto a se stesso e poi ai suoi elettori, ammesso che ce ne siano ancora... 
Ma mi ero ripromessa di non parlare di politica ed è per questo che mi consolo con una bella ricetta, tanto buona quanto facile. 


COUS COUS CON PESTO DI POMODORI SECCHI
(liberamente ispirato ad una ricetta di SALE e PEPE, 2012)


La ricetta è per 4 persone. 
200 gr di COUS COUS (anche un po' di più va bene) 
12 pomodorini secchi sott'olio (se sono pomodori grandi bastano 6 interi) 
2 cucchiai di capperi sotto sale 
50 gr di mandorle pelate
1/2 limone 
1 arancia
 Peperoncino piccante 
Olio extra- vergine d'oliva 
Sale 


PER IL COUS COUS 
Non so come siete abituati a fare il COUS COUS, ognuno ha la sua teoria e anche le istruzioni spesso cambiano da scatola a scatola. Io metto l'acqua in una piccola casseruola con un pizzico di sale e un cucchiaino d'olio (lo so non è molto chiaro, ma l'acqua la metto ad occhio!) e la porto a ebollizione, in un'altra casseruola metto il COUS COUS e lo faccio tostare un po'. 
Poi spengo il fuoco e bagno il COUS COUS con l'acqua. La lascio assorbire per un po' (metto il tappo) e poi sgrano il COUS COUS con la forchetta. 


PER IL PESTO 
Mettete i capperi in una ciotola di acqua calda. Tenete da parte un pomodoro secco e dei capperi per la decorazione. Mettete tutto nel mixer tagliato a pezzetti: i pomodori, i capperi, le mandorle, l'arancia sbucciata, il succo del limone e un pizzico di peperoncino. Frullate per bene finchè non ottenete una salsa omogenea. Unite quindi 4 cucchiai di olio, un mestolino di acqua fredda e fate frullare ancora bene.


Unite tutto al COUS COUS, mettete la decorazione (se volete essere proprio precisini) ed è fatta!!


sabato 14 luglio 2012

La repubblica delle banane


Mi ero ripromessa di non farlo, mi ero detta che il mondo non ne aveva bisogno, che l'oblio alle volte è più forte di mille parole. Che quelle parole sono state già dette, tutte.
E invece, ci sono cascata. Il problema è che non riesco a trattenere il mio sdegno.
Ma proverò almeno ad essere distaccata, proverò a lasciare da parte tutto quello che, da Ruby alle barzellette, passando per la Minetti, i suoi fan considerano solo "contorno", "scelte personali", piccoli vizi di un grande uomo.
Posso dire che un presidente del consiglio di 78 anni non lo voglio, qualunque sia il colore politico.
Perché di tutti questi anziani che hanno distrutto 3 generazioni del nostro paese ne ho le tasche piene.
Posso dire che uno che ha già fatto il Presidente del Consiglio tutte queste volte, a prescindere dall'aver fatto bene o male, dovrebbe avere l'umiltà di mettersi da parte, perché è evidente che quello che poteva dare l'ha già dato (purtroppo, aggiungo).
Posso dire, infine, che se sei il Presidente del Consiglio e deve intervenire il Presidente della Repubblica (un altro vecchietto) per buttarti fuori perché la tua credibilità con il resto del mondo è ormai inesistente e stai trascinando il paese in un baratro senza ritorno, anche solo per pudore dovresti ritirarti a vita privata.
Detto tutto questo, lui, il suo maschilismo, il suo rincoglionimento da vecchio porco, la sua idea del mondo, i suoi traffici, le sue battute becere, la sua infinita vanità, la sua arroganza, il suo sorriso di plastica, ecco mi fanno schifo. E mi fanno schifo anche tutti coloro che lo circondano e che, pur di garantirsi una fetta di potere e le tasche piene, assecondano questo spettacolo ignobile. E naturalmente mi fa schifo questo paese in cui, nonostante tutto quello che è successo, è lecito temere che possa rivincere.
Lo so, se uno come lui è ancora un rischio plausibile, è tutta colpa della sinistra, del PD e di una classe politica ridicola. Lo so. Ne sono consapevole. Ma ne parleremo un'altra volta.
Quando infrangerò di nuovo la promessa di non parlar di politica.

mercoledì 27 giugno 2012

Viaggio in Giappone: ultima fermata OSAKA


Osaka è l'ultima tappa del nostro viaggio, è da qua che siamo partiti per tornare in Italia.
Non prima però di essere andati sul Koyasan, altopiano a circa 900 metri, sede di una delle scuole Buddiste più seguite al mondo, nonché luogo di grandi suggestioni.
Questa volta non sono stati tanto i templi e le pagode a stupirci quanto un lungo e silenzioso cimitero buddista con un numero di lapidi, mausolei e statue impressionante. Alla conclusione di questo percorso fra i boschi si trova il "Tempio delle Lanterne" che conserva migliaia di lanterne sempre accese, alcune si dice da quasi un millennio.

La cosa più divertente della nostra " gita fuori porta" è stata la permanenza notturna nella foresteria di un tempio. Se il ryokan è una casa tradizionale nella quale ti adatti ai loro usi, ma vieni al contempo curato e coccolato, il nostro caro tempio Fukuchi-in ci ha con estrema gentilezza imposto le sue severe regole.

Il check-in si fa alle 15:00 - e questo per il Giappone è normale - ma il check-out è alle 9 di mattina, contrariamente alle abitudini nipponiche che ti lasciano dormire fine alle 12. Praticamente paghi per starci mezza giornata. Ovviamente se non torni entro le 21:00 ti chiudono fuori.

Cena e colazione tradizionali giapponesi e soprattutto completamente VEGANE, senza carne, pesce, uova, latticini e neppure cipolla e aglio. La cena è stata accettabile, anche se tofu e strane consistenze mocciose non ci hanno convinto granché. La colazione era sinceramente immangiabile, ci abbiamo provato, ma la zuppa di tofu in salsa piccante, il brodo caldo con radici ed erba cipollina, le radici con fagioli all'aceto e la salsa mocciosa con i funghi sono stati troppo anche per noi, curiosi sperimentatori gastronomici.

La colazione viene servita improrogabilmente massimo alle ore 8:00.
Alle 7e30, quando fortunatamente mi trovavo in bagno (bagni in comune, ma neanche a dirlo pulitissimi), ho sentito uno dei monaci-dipendenti del tempio parlare a voce alta...diceva più o meno così:
"the bed.... Sorry...indeeeecooondokuudeee the bed...no the bed...deeeccoritomamanikoooo the bed Sorry... The bed, the bed, Sorry"
Ho capito subito che stavo assistendo in diretta a un traumatico risveglio del mio compagno di viaggio. Dormiva ancora, ha sentito bussare e ha visto uno sulla porta che parlava una lingua incomprensibile. Pare abbia tentato di farsi concedere 2 minuti, ma che il monaco abbia risposto in modo questa volta inequivocabile e fermo:
"No the bed"
Dopo di che è entrato in stanza, ha spalancato le tende, ha ritirato i futon ed è sparito senza preoccuparsi del povero mal capitato che stava in piedi, in maglietta e mutande, occhi semi-chiusi, costretto a condividere l'intimità del proprio risveglio con un perfetto sconosciuto e per giunta autoritario.

Il tempio Fukuchi-in, oltre alle sue regole,  metteva però a disposizione dei propri ospiti un grande lusso: il suo "onsen" (fonte termale) aperto 24 ore.
Ci siamo potuti concedere un bagno all'insegna del relax, sotto le stelle, nel silenzio della montagna.
Ovviamente anche questo lusso non era privo di insidie: gli onsen sono quasi sempre divisi fra uomini e donne. La ragione è semplice: ci si fa il bagno nudi. Non solo, prima di infilarti in vasca devi lavarti perfettamente nelle docce comuni, in bella vista, così che gli igienisti più sfegatati possano accertarsi che tu stia facendo davvero il tuo dovere.
Diciamo che ho uno spiccato senso del pudore e che non sono un'appassionata delle nudità altrui e che quindi l'idea di condividere la vasca con altre donne, sconosciute e nude,  non mi sembrava poi così all'insegna del relax.
Considerato però che le uniche docce a disposizione erano quelle pubbliche e che in fondo l'idea di un bel bagno in acqua bollente mi piaceva molto, mi sono lanciata in questa nuova esperienza, cercando di arrivare più tardi rispetto alla massa e sperando di avere un po' di fortuna.
Così è stato e, se si esclude un incontro ravvicinato con due signore sul punto di finire il loro bagno, mi sono potuta godere la vasca in giardino e le sua meravigliosa acqua calda in totale solitudine.


Osaka meriterebbe un post a sé perché è una città incredibile, benché non ci sia molto da vedere di strettamente culturale. Il fatto è che Osaka é, proprio come Tokyo, il trionfo della modernità, dei palazzi che toccano il cielo, delle sopraelevate, dei mega-schermo per la strada, dei giganteschi centri commerciali.
Vale la pena godersela di sera, per tutti gli infiniti giochi di luci di locali e sale di pachinco, ma soprattutto per l'incredibile vita notturna. Ci abbiamo passato la notte del sabato e quella del lunedì e in entrambe ci siamo trovati in strade stracolme di gente di tutte le etá. Di giovani PR, di "butta dentro", di ragazzi vestiti e pettinati in modo avveniristico, di gente ubriaca che riposa seduta per terra, di famiglie a cena fuori e di qualunque altra categoria di persone vi possa venire in mente.
Anche noi ci siamo fatti prendere dal clima di festa, abbiamo bevuto birra e mangiato spiedini, di tutti i tipi e di tutti i gusti, abbiamo provato le tipicissime polpette/frittelline di polpo e l'ottima carne del kansai (la regione in cui si concentrano Kyoto, Osaka e Kobe), abbiamo sperimentato pub e baretti.
Insomma nella sera che ha preceduto la regola monastica e in quella che l'ha seguita, non ci siamo fatti mancare niente...alla faccia della cucina vegana buddista giapponese!

lunedì 25 giugno 2012

Viaggio in Giappone: Hiroshima e il pacifismo


Per me dire "Hiroshima" è come dire "bomba atomica" e quindi mi ha sorpreso trovare una città così grande, così verde, così piena di vita. Come se quella tragedia non l'avesse mai colpita, come se poco più di sessanta anni fa la peggiore bomba mai inventata dall'uomo non l'avesse rasa al suolo.
Questa città ha scelto di andare avanti e si è impegnata fin oltre l'immaginabile per raggiungere l'obiettivo.
Rimangono però il grande "Parco della Pace", con il museo, i monumenti e lo scheletro di uno dei pochi edifici non completamente polverizzati dallo scoppio, e i telegrammi che ogni sindaco di Hiroshima manda ai capi degli Stati ancora in possesso di armamenti nucleari perché li dismettano.
Il museo è un bel pugno allo stomaco, con il suo tentativo, riuscito, di far comprendere che ogni vittima è una storia di sofferenza, di dolore, di scomparsa.
Ed io ancora una volta mi convinco che il pacifismo sia un valore. Insomma, sono e resto pacifista.

Da Hiroshima siamo andati a Miyajima, una piccola isola raggiungibile con 15 minuti di treno e una breve traversata in traghetto. Famosa per il suo tempio "galleggiante", è effettivamente un posto suggestivo che vale la pena vedere. Ci siamo goduti un po' di aria di mare, abbiamo avuto la fortuna di assistere a un matrimonio tradizionale e abbiamo visitato uno dei templi shintoisti più affascinanti di questa vacanza.
Qualche acquisto e un pranzetto giapponese senza pretese.

La seconda notte che abbiamo passato a Hiroshima è stata molto divertente, il centro era pieno di giovani e regnava una grande aria di festa. I ragazzi di Hiroshima sono molto socievoli e noi non passavamo di certo inosservati. Quindi è stato tutto un presentarsi, un fare brindisi, un socializzare.

Ecco il tenore delle nostre conversazioni:
"aaaaa from Italy" Italia CASSANO!
"E SI...Cassano.."
"Italia...calciooo...Italia euro...eeeeee Balotelli! Del piero!
"E si...tomorrow...England"
"siiii, Nakata...do you know?"
"Nakata...si.. Nakata"

insomma, ci conoscono per il calcio...sempre meglio che per la mafia!

La tappa successiva del nostro viaggio è stata Osaka, con una notte passata nel Koysan, luogo sacro ricco di monasteri e paesaggi di montagna.
Ma la nostra esperienza nella foresteria del monastero, così come l'incredibile vita notturna di Osaka meritano un altro post.

P.S. COMUNICAZIONE DI SERVIZIO: i prezzi i Giappone sono proibitivi, quindi niente shopping e soprattutto niente regali gratificanti per parenti e amici!






venerdì 22 giugno 2012

Viaggio in Giappone: Kyoto e le sue mille avventure


Siamo arrivati a Kyoto ed è stato come arrivare in provincia, siamo passati dai grattacieli interminabili a un'infinità di case basse, da una metropolitana capillare a 2 sole linee per tutta la città, dai ritmi infernali della metropoli alla gente che gironzola in bicicletta.
E non è stato facile abituarsi perché inconsciamente avevamo associato all'idea "Giappone" l'immagine di Tokyo.
Ma basta poco perché Kyoto ti conquisti, con le sue vie strette e le lanterne rosse, con le tante donne in chimono, con i fantastici ristoranti di cucina "kaiseki" (alta cucina tradizionale), con i suoi templi e i loro straordinari giardini.
Il tutto naturalmente condito dall'immancabile organizzazione nipponica.
Nei quattro giorni a Kyoto abbiamo registrato un record di avventure e gaffes niente male.
Le riassumo in ordine sparso.
Avevamo lasciato il fantastico treno veloce da pochi minuti e ci apprestavamo a raggiungere l'albergo quando il mio fedele compagno di viaggio ha avuto la malaugurata idea di accendersi una sigaretta. In meno di 20 secondi siamo stati circondati da due dipendenti della stazione che tra un sorry e 1000 parole giapponesi incomprensibili, hanno requisito e spento con violenza la sigaretta e ci hanno pure piazzato la multa di 1000 yen. Poi con la stessa velocità con cui sono apparsi, sono anche spariti. Siamo rimasti basiti, come se uno ci avesse tirato due schiaffi e fosse scappato via.
I bagni giapponesi non sono tutti uguali e soprattutto non sono affatto semplici. I loro water tecnologici possono fare di tutto: riscaldamento tavoletta, abbassamento tavoletta automatico, bidet e spruzzi vari, musica nascondi rumori, sciacquone con la sola imposizione delle mani etc. Tutto fighissimo se non fosse che ogni tanto hai di fronte una marea di bottoni, levette e tastini, nessuna spiegazione per te leggibile, e ci impieghi due ore solo per tirare l'acqua.
Morale: ero di fretta, ero distratta, non c'era l'ombra di una scritta in inglese e ho premuto il tasto dell'SOS, ossia della richiesta d'aiuto. Una sirena assordante, l'apprensione delle ragazze che si truccavano allo specchio e un impiegato impanicato materializzatosi nel bagno delle donne, sono stati il risultato di questo gesto poco attento. Ho capito che lì non sbaglia mai nessuno, quindi erano convinti che stessi per morire. Il povero impiegato ci ha messo un quarto d'ora per far smettere la sirena, lo stesso tempo che io ho impiegato per scavarmi un fosso.
La cucina giapponese è un'esperienza culinaria che consiglio a tutti. Per la varietà, per la qualità degli ingredienti, per la cura nella presentazione, per i sapori straordinari.
L'alta cucina "kaiseki" poi è una tappa imprescindibile di un viaggio in Giappone.
Purtroppo è stato definitivamente appurato che non va d'accordo con il mio povero apparato gastro-intestinale, anzi direi che certe prelibatezze sono sue nemiche giurate.
Meno male che sono partita ben attrezzata di farmaci e che i bagni giapponesi sono come quelli di casa mia...
Questa volta ho promesso che smetto con certe cose, ma quell'ultimo sashimi di tonno e quegli specie di ricci sono valsi il malore del giorno seguente. Ma giuro non lo faccio più...
Poi abbiamo fatto la nostra prima (ed ultima) escursione con visita guidata con una guida giapponese tanto simpatica quanto logorroica, abbiamo socializzato con i gestori di un piccolo pub nell'enorme stazione di Kyoto e tutte le sere ci siamo fatti "spennare" in amicizia, abbiamo sofferto il caldo mentre ci perdevamo nelle vie di kyoto tutte uguali, abbiamo dormito in un ryokan super tradizionale, con tanto di futon e cena (fantastica, neanche a dirlo) servita in camera.
Ma soprattutto non ancora soddisfatti delle nostre avventure, ci siamo beccati in pieno un bel TIFONE.
Abbiamo capito che non era solo pioggia quando ci siamo guardati intorno e nella strada c'eravamo solo noi e un paio di poveri turisti biondi e lentigginosi. I negozi e i ristoranti stavano chiudendo in tutta fretta (e noi da attenti osservatori quali siamo abbiamo commentato: "vedi a kyoto pranzano presto") e nel giro di pochi minuti pioggia e vento sono diventati un tutt'uno.
Abbiamo provato a non fermarci ma quando mi è stato consigliato di camminare lontano dai rami di centenari alberi di canfora perché c'era il rischio mi cadessero in testa, ho capito che era giunto il momento di chiuderci in albergo.
Eravamo fradici e stanchi e abbiamo preso un taxi.
Quando siamo arrivati all'hotel il sedile della macchina sembrava una pozzanghera. Sarà stato contento in tassista...

Detto questo sono stati 4 giorni bellissimi e anche a Kyoto abbiamo lasciato il cuore.
Ora è il turno di Hiroshima, ma vi racconterò!

domenica 17 giugno 2012

Viaggio in Giappone: Bye Bye Tokyo!


Oggi abbiamo lasciato l'enorme, straordinaria, bellissima città di Tokyo.
Abbiamo visitato i templi e i santuari, ci siamo confrontati con l'infinito mondo della cucina giapponese, abbiamo passeggiato nei parchi sterminati e nei giardini zen, abbiamo preso il tè alla maniera giapponese, abbiamo visto il mercato del pesce di prima mattina, siamo rimasti senza parole di fronte a certe meraviglie del progresso, ai palazzi altissimi e alle luci di Giza, abbiamo preso la monorotaia, ci siamo stupiti per la facilità e l'efficienza della metropolitana, abbiamo passato più di un'ora in una sala giochi, ci siamo persi negli enormi centri commerciali, ci siamo lasciati avvolgere dagli scenari dei templi di Kamakura e abbiamo anche vissuto la Tokyo by-night (appena sfiorata perché ci vorrebbero anni solo per far questo).
E soprattutto ci siamo innamorati di questa città, così incredibile, così speciale.
Oggi treno super-veloce per Kyoto, con pranzo durante il viaggio con un fantastico "bento" e prima serata di perlustrazione...
Vi aggiornerò su come andranno i prossimi quattro giorni nell'antica capitale del Giappone, città della storia e della tradizione, tappa imprescindibile del turismo nipponico.

giovedì 14 giugno 2012

Viaggio in Giappone...due giorni a Tokyo e...



Sono a Tokyo da due giorni e...

- ho capito che il jet lag è un nemico più cattivo del previsto, pensavo di averlo annientato privandomi del sonno il primo giorno, invece ieri alle 3 di mattina ci siamo svegliati come se fossero le 8. Alle 5 ci siamo alzati, alle 6:30 eravamo operativi con guida di Tokyo alla mano. Abbiamo visto di tutto, abbiamo rischiato di morire sul campo, ma alla fine siamo riusciti ad arrivare a cena senza dormire. Morale: a letto alle nove e stamattina sveglia alle 5, piano piano...

- qua è tutto un confinare e delimitare: area fumatori per strada, area attesa pullman se sei in anticipo, area attesa pullman se prima del tuo ce n'è uno solo, area attesa pullman se è il tuo turno (si avete capito bene...in 5 minuti ci hanno fatto spostare 3 volte), area per attraversare, per fare la fila al bar, per entrare in metro etc etc etc

- a Tokyo si dorme ovunque. Nella metro è tutto un ciondolare di teste, ma anche sui tavolini dei bar, nelle panchine, nei divanetti dei musei...ovunque ti giri c'è qualcuno che fa il pisolino.

- i giapponesi sono puliti. Lo so non bisognava venire in Giappone per scoprirlo. Ma entrare nei bagni della metro e trovarli lindi come quello di casa tua, è un piacere immenso. E lo è anche infilarti in posti con una concentrazione umana notevole, e non sentire nessuno puzzare.  Anzi...sono tutti profumati!

- i giapponesi pensano a tutto: il cesto sotto le sedie per sistemare la borsa, il detergente e la spugnetta usa e getta per pulire la tavoletta del water (qualora ce ne fosse bisogno...), fasciatoi iper-tecnologici per lavare ovunque i bimbi, distributori automatici per qualunque cosa ti venga in mente, piani di uscita dalla metro dettagliatissimi per non dover fare un passo a piedi in più del previsto etc etc. E non vi nascondo che tutte queste comodità mi piacciono molto!

- le statue dei 12 guardiani celesti (credo si chiamino così), le armature dei Samurai e un sacco di altre cose nel Museo Nazionale di Tokyo sono qualcosa di straordinario. E poi assillati come sono dal tempo hanno organizzato le collezioni in base a quanta voglia si ha di stare dentro il museo. Quindi puoi seguire il percorso "capolavori" e hai visto tutto quello che dovevi vedere, senza massacrarti!

Scusate l'assenza di foto, ma il mio pc non legge la SD...

lunedì 11 giugno 2012

Un viaggio in Giappone...perché...


Scegliere la meta del nostro viaggio di nozze non è stata un'impresa facile.
Volevamo un  posto che esercitasse su entrambi lo stesso fascino, uno di quei viaggi che fai una volta nella vita, una di quelle mete che non si dimenticano.
Niente villaggi vacanze, niente viaggi organizzati, niente crociere e soprattutto niente "viaggi di nozze preconfezionati" con petali di rose sul letto e giovani coppie di sposini con cui condividere le nostre giornate.
Ci piaceva la natura, ma in fondo siamo "tipi" d'asfalto. Ci piacciono le persone, le culture, gli usi, gli uomini da osservare, conoscere, capire. Ci piaceva l'idea di un posto straniante, di un paese nel quale sentirci davvero stranieri. Un posto in cui perdere i punti di riferimento.
Ecco perché il Giappone.
Ce lo immaginiamo così diverso da noi, così speciale, così difficile da decifrare.
Diventeremo di colpo analfabeti, inopportuni, "strani".
Domani si parte. Ci aspettano 12 ore di aereo sul Roma - Tokyo.
E poi l'inizio di questa nuova piccola avventura.




sabato 9 giugno 2012

Menù estivo: gazpacho aldaluso e un po' di leggerezza

gazpacho andaluso


Della leggerezza abbiamo sempre bisogno, ma dopo un post come quello precedente ancora di più.
E anche la cenetta di giovedì, con sorelle, cognato e nipote, è stata all'insegna di questo valore indispensabile della vita :-).
Qua a Sassari è arrivata l'estate con il suo sole cocente, i suoi 29 gradi in cucina e la sua inarrestabile voglia di birra.
Ecco perché il desiderio di un menù estivo, fresco e mediterraneo.
Giusto per confermare le mie scarse qualità da food-blogger ho dimenticato di fare le foto...ho immortalato solo il gazpacho, ma perché era avanzato e ho potuto rimediare il giorno dopo!

La serata è iniziata con un aperitivo/antipasto nel nostro piccolo, ma fiorito terrazzo:
- Bocconcini melone, feta e rucola, in sostituzione di un mio grande classico, rubato su Sale e Pepe, anguria, feta e menta. Variante quest'ultima che preferisco.
- Gazpacho andaluso, una ricetta "sempre verde" imparata tanti anni fa in una calda estate sivigliana.

La cena è proseguita con una sicilianissima "pasta alla norma", un grande classico che non tradisce mai.
A conclusione un dessert, nè fresco, nè leggero, nè probabilmente estivo, ma golosissimo: tortini al cioccolato caldi con il cuore morbido, con la centro le fragole. La ricetta e l'idea di una variazione originale le ho prese qua. Ho aggiunto anche un cucchiaio di gelato fior di latte, prodotto in casa con la mia nuova gelatiera.

Per accompagnare questa cenetta abbiamo scelto delle birre:

- la 77 della BrewDog, una lager perfetta per l'aperitivo
- la Ridgeway Brewing, una bitter fresca e beverina, anche questa adatta al nostro fresco antipasto
- la Indian Pale Ale della Meantime per la pasta alla norma.

Solo per il dolce abbiamo fatto uno strappo alla regola "birraia" e abbiamo offerto un vino dolce.

Di tutte le ricette vi lascio qua quella del gazpacho tramandata da generazioni di studenti fuori sede andalusi, a cui ho aggiunto tre bei cucchiaioni di yogurt greco, come suggerito su questo bellissimo blog http://www.fiordifrolla.it/gazpacho-piccante-allo-yogurt.html

gazpagno andaluso


GAZPACHO ANDALUSO CON AGGIUNTA DI YOGURT
- 6 pomodori maturi
- 1 cetriolo
- 1 peperone rosso
- 1 scalogno
- 1 piccolo spicchio d'aglio
- 1 dl di olio extravergine di oliva
- 2 cucchiai di aceto rosso (io in realtà  lo uso di mele)
- 3 cucchiai di yogurt greco
- sale e pepe q.b.


Mettete dell'acqua a scaldare, prendete i pomodori, lavateri e con un coltello fate un'incisione a croce. Fateli quindi scottare nell'acqua bollente per un paio di minuti, poi scolateli e privateli della pelle.
A questo punto tagliate a dadini i pomodori, il cetriolo, il peperone (lavato e privato dei sei e dell'anima interna), lo scalogno, l'aglio e metteteli nel frullatore, con l'aggiunta dell'olio e dell'aceto.
Fate frullare tutto, aggiungete lo yogurt e date un'altra bella frullata. Salate a piacimento e se vi va mettete anche un po' di pepe nero.
A questo punto non dovete far altro che metterlo in frigo, visto che va bevuto bello freddo.
Io l'ho servito in bicchiere, con un crostino e il cucchiaio, ma basterebbe anche solo una cannuccia.
I vostri ospiti inizialmente rimarranno perplessi, ma poi vedrete che ne "berranno a litri"!


mercoledì 6 giugno 2012

5 categorie di persone di cui una precaria come me farebbe volentieri a meno

Precari Sardegna


Eccomi qua a stilare le prima TOP FIVE ufficiale del mio giovane blog.
Il mio è il profilo perfetto della "precaria da programma televisivo": laureata velocemente e a pieni voti in Conservazione dei Beni Culturali, con l'assurda convinzione che la cultura potesse essere la prima risorsa di questo paese, masterizzata, stagista pluri-decorata, esperta vincitrice di borse di studio, stanziale in graduatorie da cui non pescheranno mai, emigrata e poi tornata in patria, dotata di curriculum lungo e variegato, fortunatamente mai senza lavoro, ma ahimè sempre precaria e con contratto a progetto.
A volte pagata meglio, altre peggio. Da alcuni caricata di responsabilità folli, da altri rispettata, da altri ancora sotto-dimensionata. 
In questi anni ne ho viste e sentite di tutti i colori. Ho avuto fortuna, ma anche tanta sfortuna.
Ho accettato proposte che avrei voluto rifiutare, ma mi sono anche opposta a certe palesi violazioni della mia dignità di persona e di lavoratrice. 
Ho sempre dovuto fare i conti con la lunga fila di persone che, giustamente, non aspettano altro che tu dica "no" e te ne vada sbattendo la porta per accaparrarsi il tuo posto sfruttato/ingiusto/sotto-pagato, perché loro non hanno neanche quello.
Ho saputo godere degli aspetti positivi che la dimensione della precarietà porta con sé, come la possibilità di cambiare e di affrontare sfide nuove e stimolanti. 
Non mi sono mai dovuta preoccupare delle riforme sulla pensione, perché non l'avrò mai. 
Ma neanche dell'articolo 18 perché quelli come me non ne hanno diritto.
Ho sviluppato con la mia condizione lavorativa un rapporto altalenante.
Da una parte ringrazio sempre di averlo un lavoro e ad oggi ringrazio anche che sia nella mia città e che sappia essere molto divertente e stimolante.
Dall'altra penso che questa condizione potrebbe finire tra 6 mesi, che guadagno poco, che non posso permettermi di ammalarmi gravemente, né di farmi un figlio con la stesse tutele delle altre.
Insomma ci sono giorni che vorrei un noiosissimo lavoro a tempo indeterminato, che mi prenderei in carico tutto - i colleghi ignavi, il grigiore della burocrazia, la frustrazione di fare tutta la vita qualcosa che non piace -  pur di aver la certezza dello stipendio a fine mese, l'entusiasmo di un regalo chiamato "tredicesima", l'obbligo di dover "consumare le ferie", la certezza che quel posto è "per sempre" (o quasi).
Le riflessioni in merito sarebbero tante, è un discorso lungo e complesso e non trovo abbia senso ricostruire qua con voi il mio percorso dal liceo ad oggi. Ma una lista di quelli che proprio mi sono stufata di sentire ve la faccio. Ve ne dico 5, li divido per categorie:

1)Quelli che non perdono occasione per nominarti qualcuno, anche in gamba, che ha trovato un lavoro a tempo indeterminato grazie a conoscenze/raccomandazioni/aiuti e che aggiungono alla frase, detta con il tono del "peggio per te, avevo ragione io", le parole : "tu ti sei sempre rifiutata". Perché dovete sapere che vengo spesso colpevolizzata in quanto persona onesta e corretta.

2) Quelli che il lavoro gli è piovuto dal cielo (figli che hanno preso il posto dei padri, raccomandati che hanno passato senza fatica il primo concorso fatto in vita loro, persone che hanno avuto la fortuna sfacciata di essere al posto giusto nel momento giusto etc), e che pensano che cada dal cielo un po' a tutti e che tu semplicemente fossi distratta.

3) Quelli che ti dicono: "ma perché non vai fuori..." Come se nel resto di Italia fosse una pacchia, come se non ci fossi già andata fuori. Come se vivere in Italia o in Germania fosse lo stesso. Come se a un certo punto della vita uno non dovesse fare i conti anche con gli altri innumerevoli (per fortuna) aspetti della propria esistenza, dall'amore alla famiglia passando per la disponibilità di una casa.

4) Quelli che ce l'hanno scritto in faccia quello che stanno pensando: "hai studiato conservazione delle merendine e ti lamenti? ti vuoi occupare di cultura con tutti i problemi che ci sono al mondo? Ma perché non hai fatto medicina invece di rompere le palle?

5) Quelli che hanno capito tutto e ti suggeriscono migliaia di soluzioni - impossibili - e tu sembra pure che ci prenda gusto a smontargliele, sembra che non ti vada proprio di darti da fare. E' che non c'è il tempo di spiegare loro che è tutto molto più complicato di come sembra e che quella che dovrebbe essere considerata una risorsa, in questo Paese è solo un peso ed una voce di spesa da tagliare, che le soprintendenze sono piene di ingegneri, commercialisti, agronomi ed avvocati e che invece tutti ignorano esistano eserciti di giovani formati per essere manager della cultura, che nel settore si investe poco e male, che stiamo pagando anni e anni di clientelismo politico che se doveva sistemare un raccomandato-incapace lo piazzava giusto giusto in qualche museo o biblioteca.

Ecco, voi che vi rivedete in una di queste 5 categorie, parlo proprio a voi, contate fino a dieci prima di discutere con me di precariato.
Anche se io vi capisco e vi vorrò comunque bene.


precari Sardegna